Reflui odontoiatrici

I reflui da attività odontoiatrica non sono assimilabili ai domestici

Il T.U.A. (D.Lgs 152/2006) all’art. 74 definisce :
Acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche.
Acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento.
Sempre la Parte Terza del TUA (articolo 101 Criteri generali della disciplina degli scarichi) assimila ope legis alle acque reflue domestiche le acque provenienti da alcuni processi produttivi e demanda alle Regioni l’assimilazione delle acque reflue di provenienza non domestica, ma aventi caratteristiche qualitative equivalenti ad esse;
sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:
a) Provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;
b) Provenienti da imprese dedite ad allevamento del bestiame (utilizzo agronomico in conformità alle disposizioni regionali in attuazione dell’art. 112, comma 2, D.Lgs 152/2006) e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna quantità indicate nella Tabella 6 dell’Allegato 5 alla Parte Terza;
c) Provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;
d) Provenienti da impianti di acquacoltura e di pescicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 kg per metro quadrato di specchio d’acqua o in cui venga utilizzata una portata d’acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;
e) Aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;
f) Provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore.

La normativa regionale di assimilazione per “caratteristica equivalente qualitativa” a quella domestica non è uniforme, essa varia da regione a regione, ed è basata su parametri quali il BOD5, COD, Azoto Totale, Azoto Ammoniacale, Tensioattivi, Oli e Grassi, ecc.. , dei quali in tale contesto tralasciamo la disamina, 
La sentenza della Suprema Corte n. 2340/2013 esclude con estremo rigore l’assimilazione dei reflui da attività odontoiatrica ai reflui domestici, poiché, i “reflui prodotti provengono da un’attività che effettua servizi terapeutici, e quindi non classificabili domestici”, ribadendo in parte quanto già deciso nella sentenza del 5 febbraio 2009 n. 12865, ovvero che rientrano nella nozione di acque reflue industriali “...tutti i tipi di acque derivanti dallo svolgimento di attività produttive, in quanto detti reflui non attengano prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività domestiche…” , tesi rafforzata nel 2011 con sentenza n. 36982, nella quale la S.C. aggiunge: “sono da considerarsi scarichi industriali, oltre ai reflui provenienti da attività di produzione industriale vera e propria, anche quelli provenienti da insediamenti ove si svolgono attività artigianali e di prestazione di servizi, quando le caratteristiche qualitative degli stessi siano diverse da quelle delle acque domestiche”.
L’ esclusione di assimilazione di cui alla sentenza in esame, avviene quindi in funzione dell’attività svolta, del rischio di potenziale contaminazione delle acque reflue domestiche con le sostanze pericolose utilizzate nel processo produttivo, considerate “sostanze estranee alla vita domestica (quali, per esempio, gli anestetici e in generale i farmaci), senza basare la classificazione su valori certi rappresentati dai risultati analitici comparati con i limiti tabellari prestabiliti dalle norme regionali alle quali il legislatore (con il sopra citato art. 101, comma 1, lett. e) conferisce la competenza normativa.

 

A cura di Luca D'Alessandris

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